Basile, Chamizo e Giuffrida «Amicizia e rispetto. Con noi ha vinto anche l’allegria»

Era scritto nei sogni da bambino, in quegli orsetti di peluche maltrattati come fossero avversari da piegare ad ogni costo, nel tatami steso sul pavimento della cameretta al posto di un più semplice tappeto. La vita da predestinato di Fabio Basile strappa un sorriso divertito a Odette Giuffrida, che con lui ha percorso tutti i passi dalle selezioni giovanili azzurre fino a Rio, entrambi ventunenni senza paura, uno d’oro e l’altra d’argento in un pomeriggio dal suono magico: «Entravi in quella stanza — ricorda lei — e respiravi solo judo: non solo i peluche, Fabio aveva anche un manichino ad altezza uomo con cui “combatteva” tutti i giorni». E l’olimpionico, di rimando: «E’ li che sono diventato quello che sono oggi, dove ho messo in pratica le tecniche che mi piacevano di più. Girai anche un video, intitolato “I 101 ippon di Basile”, su Youtube ebbe un buon successo».
OSTACOLI La sintesi, però, è fulminante nelle parole di Frank Chamizo, il bronzo della lotta libera che con gli altri due condivide il pane duro degli allenamenti massacranti al Centro federale di Ostia: «Fabio è un pazzo. Eppure, quando lo incontrai la prima volta, sentii come una scossa: era spavaldo e sfrontato, come me. Così, quando un mese fa, mentre stavo rifinendo la preparazione, mi è arrivato il messaggio che aveva vinto l’oro, non mi sono sorpreso. Era solo il completamento di un cammino». Eppure, l’ascesa al cielo è stata lastricata anche di cattive intenzioni: «La prima volta che mi sono confrontato con Murakami (il d.t. del judo, ndr), mi ha rispedito a casa — ricorda Fabio — e al secondo raduno non mi sono presentato io, quasi per vendetta. Poi ci siamo compresi, e tecnicamente la preparazione per Rio è stata perfetta, mi ha portato lì in condizioni ideali». Chamizo, invece, quando approdò nel nostro paese, con la lotta aveva sostanzialmente smesso da tre anni, nonostante un bronzo mondiale a 19: «Sono partito da Cuba solo con l’idea di trovare un lavoro, da voi. Non toccavo una materassina da tantissimo tempo, avevo la pancia. Ma la famiglia di Dalma (Caneva, l’ex moglie, lottatrice e figlia di un allenatore, ndr) e la presenza nello staff azzurro del mio vecchio coach Delgado in pratica mi ha riportato a casa».
AMICI E in fondo Fabio. Frank e Odette vivono davvero sotto lo stesso tetto, a Ostia, e i sacrifici di un collegiale pressoché permanente li hanno uniti in un vincolo d’amicizia che sgorga da ogni loro gesto, ma soprattutto dal rispetto che si scambiano ad ogni parola. Capita spesso che escano insieme, anche se ognuno ha i propri riti. Basile, ad esempio, quando può si rifugia in spiaggia e scruta il mare: «Mi immergo nei miei mille pensieri e nei miei sogni, e mi rilasso». Chamizo, invece, è un fanatico di cinema e qualche volta succede che sia l’unico presente allo spettacolo: «Solo che c’è un piccolo problema: non mi ricordo mai i titoli dei film e i nomi degli attori». Odette invece non disdegna la tranquillità delle serate alla foresteria, anche se la sua bellezza fresca e spontanea è un altro schiaffo ai pregiudizi su femminilità e sport da combattimento: «Certo, pure a me piace ogni tanto uscire con un bel vestito da sera e la scarpa con il tacco giusta, ma non è un’ossessione l’idea di dover sempre dimostrare che il judo non compromette il mio essere donna. Credo che ogni ragazza che fa sport porti nel cuore l’ambizione di ottenere il risultato più alto e che quello sia l’unico obiettivo. Io ho vinto l’argento all’Olimpiade, significa che devo fare un passo in più. E lavoro per questo».
AMBIZIONI Già, un oro olimpico resta per sempre, e ti cambia la vita. Soprattutto quando arriva inatteso (per gli altri…) e con un’esplosione debordante di talento e personalità: «La sensazione più bella — sono le parole di Basile — è la popolarità che ti coglie all’improvviso, il saluto all’autogrill di due ragazzi che ti riconoscono e vanno a chiamare gli altri. Però devi saperla gestire, a me è successo di passare come personaggio ambiguo perché per divertimento imito i personaggi di “Gomorra”: non apprezzo certo quel mondo, è solo grande ammirazione per gli attori, che ritengo bravissimi. E comunque so che alla prima sconfitta, e ci sarà, pioveranno le critiche, e io risponderò a modo mio, allenandomi ancor più duramente. Ma non modificherò il mio stile, la mia voglia di andare sempre all’attacco. Qualche tecnico ci ha provato, ma io sono testardo e convinto delle mie scelte». Chamizo, scottato da un bronzo da favorito (che potrebbe diventare argento per la squalifica di Asgarov), stavolta fa il fratello maggiore: «Con l’esperienza, Fabio si renderà conto che gestire un grande torneo a volte richiede dei cambiamenti. Io ai Giochi non sono stato me stesso, per la pressione e le attese non ho dato tutto quello che avevo dentro, e sarà un insegnamento per i prossimi impegni. Intanto farò altri due anni a 65 chili, una categoria tremenda per la qualità degli avversari, e poi in vista di Tokyo salirò nei 74 kg. Ho un discorso da chiudere». Oppure da lasciare aperto, come rivendica con orgoglio la Giuffrida: «Non passeranno quattro anni prima che ci si accorga ancora di noi: ci saranno i Mondiali e gli Europei, le nostre medaglie non finiscono certo qui». All’attacco. Come sempre.
Riccardo Crivelli (La Gazzetta dello Sport, 8 settembre 2016)

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