Udine, 1 settembre 2013. Siamo avviliti? Certo che l’esito degli azzurri al mondiale a Rio ha procurato a tutti una condizione di avvilimento. Ma dobbiamo fare attenzione a distinguere fra il dispiacere per le “speranze sfumate” e quello per le “aspettative tradite”. Certo, i miracoli accadono e noi italiani lo sappiamo bene, ma questo non significa che quando capitano hanno lo stesso valore di un obiettivo dichiarato, perseguito e poi, finalmente raggiunto. I miracoli arrivano e basta, ma se arrivassero tutte le volte che li invochiamo, precisando dove e quando ci servono, che miracoli sarebbero? C’è davvero qualcuno che si aspettava delle medaglie per l’Italia a Rio? Fabbricini, segretario generale del Coni, l’ha messo nero su bianco quali erano le federazioni dalle quali si attendeva le medaglie nell’Agosto Azzurro e la nostra non era fra queste. Ma se qualcuno aveva delle aspettative diverse, abbia il coraggio di dire da chi si aspettava una medaglia e quali le motivazioni. In tutti i pronostici proposti in giro per il web non si è vista l’ombra di un azzurro nei paraggi del podio, e allora perché intonare il coro delle vedove? Inoltre non è che si sia interrotto bruscamente un ciclo virtuoso, né che fossimo abituati a raccogliere medaglie a palate nei campionati del mondo. È forse andata meglio nel mondiale del 2011 a Parigi? No! Ed era la squadra che ce la stava mettendo tutta per strappare la qualificazione alle Olimpiadi. Anzi, nei vent’anni che intercorrono fra Hamilton 1993 e Rio 2013 sono state disputate dodici rassegne iridate e l’Italia è salita sul podio in nove di queste, a Parigi 1997 e Rio 2007 con due atleti, nelle altre sette con uno. Le tre più recenti (2010, 2011, 2013) siamo andati in bianco. Vogliamo ripartire? Bene, al lavoro! Con umiltà e rispetto.
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