Oggi cala il sipario su un’Olimpiade che giorno dopo giorno ha formato tanti giudizi contrastanti e uno solo unanime: ha sorpreso dall’inizio alla fine. Ha sorpreso l’Italia che sembrava destinata a un ruolo di secondo piano, accreditata di non più di 20 medaglie, e invece partita a razzo toccando alla seconda giornata un surreale secondo posto fra Usa e Cina che non era un fuoco di paglia. Ha sorpreso il Brasile su cui nessuno avrebbe scommesso un Real bucato e che invece in extremis ha fatto trovare tutte le cose (quasi) a posto: impianti in maggioranza belli ed efficienti, competizioni iniziate sempre con puntualità svizzera, navette per la stampa ben strutturate e wi-fi a palla per le necessità di lavoro, sistema informatico efficientissimo (la morte ufficiale della carta non ha fatto piangere nessuno). Al tempo stesso non abbiamo dovuto fare i conti con alcuni dei problemi annunciati alla vigilia: nessuna traccia della zika (a conti fatti emigrata in Florida), tracce meno evidenti del caos trasporti mitigato dall’efficienza del servizio BRT (disponibile a metà) e impatto limitato dell’inquinamento sulle competizioni in mare aperto (nuoto di fondo e vela).
Al contrario ne sono comparsi di inattesi: l’acqua verde delle vasche destinate a tuffi e sincronizzato (rivelatosi conseguenza di un dosaggio sbagliato del PH), l’emarginazione dell’atletica in uno stadio periferico e desolante, la latitanza degli spettatori in moltissime discipline, anche di tradizione brasiliana; l’inadeguatezza del Villaggio olimpico, soprattutto per quanto riguarda lo standard delle abitazioni; il totale disservizio dei taxi: insufficienti i mezzi a disposizione, inadeguati gli autisti, spericolati e ignari dell’urbanistica cittadina; la fuga dei volontari brasiliani (il 30%) che si sono sentiti sfruttati e sottopagati. I furti sono stati il 29° sport olimpico di Rio ma le violenze sono rimaste sotto controllo e il terrorismo è stato debellato alla fonte.
Come leggerete all’interno, nell’intervista al sindaco Eduardo Paes realizzata da Pier Bergonzi, il bilancio finale per Rio è comunque altamente positivo e l’immagine della città, svalutata dalla crisi economica e sociale degli ultimi anni, ne esce ingigantita. E’ vero: è mancato il calore e il colore che ci aspettavamo dalla città del Carnevale, Il Parco Olimpico (e le altre aree in cui erano concentrati gli impianti) è rimasta una «bolla» sportiva estranea ai ritmi della città che ha continuato come se nulla fosse la vita di tutti i giorni; la gente comune ha fatto fatica ad arrivare agli impianti, scaricata dai mezzi pubblici lontano dal Parco olimpico e costretta a code lunghissime per raggiungerlo. E bisogna ammettere che ci ha sorpreso più di tutto l’incapacità dei brasiliani (addetti olimpici, gestori di attività pubbliche, impiegati, passanti giovani e vecchi) di parlare un’altra lingua all’infuori del portoghese.
Eppure, nonostante tutto, alla fine l’Olimpiade di Rio ci appare (e rimarrà nella nostra memoria) come un bellissimo miracolo, il miracolo di una nazione e di un popolo che fra le mille difficoltà in cui sopravvive si è messa in gioco per ospitare nel miglior modo possibile un mondo sconosciuto. Gli sportivi di 206 nazioni riporteranno in patria l’immagine di gente allegra e simpatica, determinata a seguire anche sul lavoro i propri ritmi di vita così lontani dall’efficientismo mitteleuropeo ma aperta a ogni contatto sociale. Grazie Rio.

Tre medaglie per gli Yamatori al Trofeo Carlo Smiraglia!
Presenza massiccia della componente agonistica del gruppo Yamatori al Trofeo Carlo Smiraglia, manifestazione organizzata dal Dojo Equipe Bologna e valida come terza prova del Gran