Sa sempre stupire. Primo motivo, che è importante, anche se non sempre fondamentale: vince. Chi fa o ha fatto sport, fosse solo all’oratorio, lo sa: niente è dovuto. Anche se ti chiami Bebe Vio e sei la migliore. Qualche mese fa era a pranzo con Demetrio Albertini. Gli chiese il segreto dei suoi tanti successi. Lui le disse: «Non so una regola per vincere, ma ne conosco mille per perdere». Vale per Bebe da sempre. Allenamenti, concentrazione, studio: la scherma è nella testa e nel cuore. Non basta neanche questo. «La prima figata di tutte è una famiglia che adoro». Nasce tutto dentro lì. E poi diventa mondo. Poi c’è la famiglia sportiva, quello della scherma paralimpica. Un gruppo dove si sta bene. Fatto di giovani e veterani. Le prime due medaglie mondiali siano arrivate da due di loro, con l’argento di Sarri e Betti. Ecco come Bebe arriva a strabiliare.
E’ la ragazza #wow. Ha appena vinto il titolo mondiale, il secondo consecutivo con in mezzo quello paralimpico, e dice: «Non è la gara a cui tengo di più». Come a Rio, quando la medaglia più bella per lei non fu l’oro individuale, ma il bronzo a squadre. Ecco perché saranno state poche le feste ieri sera. Appuntamento a sabato, insieme a Loredana Trigilia e Andrea Mogos, amiche più che compagne azzurre, vacanze insieme qualche settimana fa in Grecia per quel bronzo brasiliano e pensando alla gara di Roma. E ancora lo stupore. Quando dice: «Avevo paura». Non solo perché in finale c’era Boykova, l’ultima ad averla sconfitta (in coppa del mondo). «Ho paura tutte le volte, nessuna esclusa, che salgo in pedana». Lo racconta in «Se sembra impossibile, allora si può fare», il libro uscito poco prima del Mondiale romano. E aggiunge: «La paura non deve bloccarci». Riesce a farla diventare forza.
di Claudio Arrigoni (La Gazzetta dello Sport di giovedì 9 novembre 2017)
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