L’iniziativa della Preside del Liceo Sello, di raccogliere e confrontarsi con le famiglie dopo la tragedia che ha rapito la vita di Alice, è giusta ed opportuna. È giusto coinvolgere, parlare e sensibilizzare, e serve anche (soprattutto) per riempire il vuoto mostruoso che strazia i cuori di Laura e Mario, mamma e papà di Alice. Farli sentire un po’ meno soli in questo dolore improvviso e assurdo. E poi ci sono le indagini, porteranno il loro contributo, forse la verità o soltanto una verità, ma la sola che dovremmo conoscere è quella custodita da Alice. Si scoprirà tutto o quasi, come sempre. Poi qualcuno potrà dimenticare, altri non ci riusciranno, ma il cuore di una ragazza di 16 anni, comunque, non riprenderà a battere. Mai più. Anche se ci si è interrogati, anche se ci si è messi d’impegno tutti nel fare più attenzione. E se non è la droga gialla (chi l’aveva mai sentita nominare prima?), sono i selfie estremi che provocano 170 morti all’anno e tutti gli altri modi per farsi del male che nemmeno si contano più e che, nonostante le pubblicità-progresso, i dibattiti, le sensibilizzazioni e le tavole rotonde, non accennano a diminuire. Anzi. Fumo ed alcolismo ormai, sono entrati nella consuetudine, retrocessi fra i vizi di serie B. Che fare quindi? Chiediamolo ai giovani cosa pensano di fare! Ed ascoltiamoli affinchè colgano il senso della responsabilità premiata, dell’opportunità colta. Ma si smetta di considerarli vittime di questo mondo distratto, così come non lo sono stati i giovani del ’68, tempo in cui valeva tutto, a scuola arrivarono il 6 politico e gli scioperi per cause inconsistenti, dalla fantasia al potere agli indiani metropolitani, fino ad arrivare ad uccidere con le P38, le spranghe o le chiavi inglesi, nei cortei o sotto casa. Cos’è cambiato da allora? Tutto! Ormai c’è una risposta a tutto o quasi e, diversamente da 50 anni fa, i giovani (anche i migliori) incontrano troppi stimoli esterni ‘deviati’ e lo sport stesso, elemento imprescindibile per formazione, etica e salute, viene reinterpretato come ticket d’ingresso nei gruppi sportivi, scorciatoia per un lavoro che trasforma una sana passione in dovere e routine, alimentando di conseguenza frustrazioni e crisi da fallimento. “Con tutto quello che faccio per allenarmi, sono ogni giorno in palestra, ho fatto anche i pesi…” quante volte abbiamo ascoltato questi sfoghi? Quante volte destrutturare l’alibi è stato più importante di correggere l’errore tecnico? Non basta desiderare una cosa per meritarla, bisogna lottare, insistere, non mollare mai ma, soprattutto, bisogna cercare la ‘propria’ soluzione. Crearla! Cercare la soluzione personale invece della persona che regali una soluzione. È questa la missione dei giovani di oggi. E se molti lo fanno, troppi cedono alla viscida tentazione di ‘apparire’ rinunciando a valorizzare quel talento che, in ogni caso, ciascuno custodisce. Forse dovremmo modificare tutti l’approccio con i giovani, ed invece di dire e di dare, dovremmo farli parlare dei loro talenti, delle loro ricerche e delle loro scoperte, dovrebbero raccontare come hanno risolto o come stanno pensando di risolvere il problema che hanno di fronte. Finchè avranno a disposizione le soluzioni per ogni tipo di problema, perché dovrebbero cercarne altre? Si corra dunque il rischio di sentirsi dire ‘mi chiedi di fare questo perché a te non va di farlo’, perché in questo modo potremmo vedere il giorno in cui capiranno che, non la play station piuttosto che il cellulare nuovo o l’utilitaria usata, è stato questo il regalo più bello che potevano ricevere.
Trofeo Triveneto: il report di coach Tassotto
Il Dlf Yama Arashi Udine ha ottenuto un bel terzo nella classifica per società del Trofeo Triveneto disputato nel Palazzetto dello Sport di Borgo Valsugana,