Umiltà e pazienza, è ciò che serve per i C.T. federali (ma non solo)

Cesare Maldini ci manca da due anni esatti, da quando lasciò la sua splendida famiglia il 3 aprile 2016, ma ci pare di risentirla la sua voce allegra, che trasmetteva ironia e buon senso. E in questi ultimi giorni in cui si è parlato tanto del c.t. che verrà, del c.t. ad interim Di Biagio, e più in generale dei tecnici federali, chissà che cosa avrebbe detto lui, dall’alto della sua straordinaria esperienza. Perché nessuno meglio di Cesarone, come lo chiamavamo con affetto, aveva conosciuto i meccanismi delle varie nazionali. In campo 14 volte con la maglia azzurra, prezioso aiutante di Bearzot dal 1980 al 1986, con la gioia del titolo mondiale nel 1982. E poi c.t. dell’Italia, precettato d’urgenza alla fine del 1996, dopo l’improvviso addio di Sacchi. Una nuova esperienza breve ma intensa, con uno storico successo al debutto a Wembley, il primo con i punti in palio in casa dell’Inghilterra, sulla strada del Mondiale in Francia. In quella sua Italia il lancio che propiziò il gol di Zola fu proprio dell’attuale vicecommissario Costacurta, mentre la fine della sua avventura venne involontariamente causata dal rigore fallito da Di Biagio contro la Francia. Tanti curiosi incroci, tra passato e presente, che non bastano però per completare la storia di Cesare Maldini, utile anche per tuffarsi nel futuro. Perché oggi è facile parlare di una scuola a Coverciano per formare i prossimi c.t., ma al di là del fatto che i giocatori sono sempre più importanti degli allenatori, come ripete Capello grande prima in campo e poi in panchina, per crescere come tecnico federale occorrono prima di tutto umiltà e pazienza. Non a caso Maldini è stato l’unico a vincere tre titoli consecutivi alla guida della Under 21, dopo la felice parentesi al fianco di Bearzot che gli ha consentito di accumulare una preziosa esperienza. Al contrario di Ventura, come c.t. non fallì lo spareggio contro la Russia, che valeva più della Svezia, per andare al Mondiale vent’anni fa. Proprio in quell’occasione, sotto la neve di Mosca, fece debuttare Buffon. E dopo la sfortunata eliminazione in Francia, riuscì a tornare in panchina al Mondiale del 2002 per guidare il Paraguay.
Nessuno può sapere oggi se, e con quale ruolo, Di Biagio rimarrà a disposizione della federcalcio. Sappiamo, però, che nella sua scia sta crescendo un altro c.t. che ha lavorato benissimo con i giovani, l’ex centrocampista del Milan, Chicco Evani, capace di guidare la Under 20 al terzo posto al Mondiale un anno fa. Entrato poi nello staff di Ventura e ora alla guida della Under 21, dopo il passaggio di Di Biagio alla nazionale maggiore, Evani nelle sue prime due partite amichevoli ha ottenuto un pareggio contro la Norvegia e soprattutto un prestigioso successo in Serbia. Da otto anni i risultati parlano per lui, che in comune con il papà del suo vecchio compagno Paolo ha l’umiltà e un passato rossonero. Mentre Maldini aveva lanciato Vieri, Evani è stato il primo a credere in Belotti che convocò nella Under 18 quando giocava nella «primavera» dell’AlbinoLeffe. Nemmeno Evani, come Di Biagio, conosce con certezza il proprio futuro, ma non sarebbe giusto togliergli la guida della Under 21, per interrompere la sua promettente carriera. Gli esempi di Bearzot, Vicini e Maldini, cresciuti nel tempo guidando le rappresentative giovanili, hanno dimostrato che la scuola federale serve eccome. Basta crederci davvero e non soltanto con le parole, regalando illusioni che poi fanno rima con delusioni.
Alberto Cerruti – La Gazzetta dello Sport di martedì 3 aprile 2018

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