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«Le olimpiadi sono sempre il mio sogno»

Il sorriso di Manuel Bortuzzo non va mai in ferie. Resiste anche all’emozione del ritorno a Ostia, centro federale, la casa dei suoi sogni di prima. Un prima che però è anche dopo. Perché il nuotatore che ha fatto innamorare l’Italia con il suo coraggio, è un’irresistibile combinazione di forza, speranza, fiducia. «Tornerò quello di prima, anzi ora mi sento più forte. Il mio sogno era e resta quello delle Olimpiadi». Manuel si presenta ai giornalisti con la tuta della Nazionale azzurra e la capacità di sottrarre peso a tutto. E quando parla della voglia di tornare a guidare e delle auto con delle leve per accelerare o frenare (c’è già una Jeep che lo aspetta quando supererà il test), infila una battuta che spiazza tutti: «Un po’ come quando giochi alla PlayStation».
AMATA PISCINA Possibile che quest’ottimismo non sia mai incrinato da qualcuno o qualcosa? Ma sì, è chiaro, risponde anche con lo sguardo Manuel. Ci sono, ci saranno dei momenti più duri. Però c’è una filosofia di fondo che lo sostiene: «Le cose che mi vengono in mente prima di addormentarmi? Il traguardo del giorno dopo, la fisioterapia, un obiettivo dopo l’altro, penso sempre a belle cose». Questo approccio così positivo pesa: «Ha fatto in una settimana quello che gli altri hanno fatto in un mese», riassume papà Franco. Manuel ce la sta mettendo tutta: sveglia presto, fisioterapia, esercizi per far crescere sempre di più la propria autosufficienza, e alla fine della mattinata proprio lei, la tanto amata piscina: «Arrivo sempre in anticipo, rubo sempre qualche minuto in più. Non sentire le gambe al ritorno in acqua è stato strano, poi quando mi sono immerso completamente è sembrato tutto normale. Per me l’acqua è tutto, mi rende libero».
BEBE E ROMA Martedì al Santa Lucia è arrivata in forma riservata anche Bebe Vio. Manuel ci ha raccontato che è stato il primo pensiero al risveglio dopo l’agguato del 2 febbraio: «La sua forza». Una forza che ora ha conosciuto di persona. «Abbiamo fatto lunghe chiacchiere». Intorno a sé il ragazzo ha il papà Franco, la mamma Rossella, il presidente Fin Barelli. Dice che Roma «mi ha tolto tanto, ma mi sta dando tanto». Fino al punto di immaginare di vivere qui, anche dopo la riabilitazione. Questa notte ha dormito nella camera numero 79 del centro di Ostia. Ogni settimana passerà una notte fuori. Poi, il 10 aprile, si trasferirà in una nuova abitazione per poi tornare al Santa Lucia solo di giorno.
UNA RISATA Intanto è diventato un produttore di speranze e di fiducia per tanta gente. «Mi fa un piacere infinito il fatto che la mia storia abbia colpito tanti. Tanti di tutte le età, dai bambini alle nonne, è incredibile». Gli scivola completamente addosso, invece, la domanda sulle due persone che gli hanno sparato. E quanto a un eventuale incontro con i giovani protagonisti dell’agguato, dice soltanto: «Incontrarli se me lo chiedessero? Anche no, non mi cambierebbe niente, ma se li avessi davanti penso che mi metterei a ridere perché non ha senso quello che hanno fatto».
MOTO Sì, LAZIO FORSE Si finisce a parlare di musica trap. compagna di tante giornate. Di moto GP, la sua passione, di calcio. Manuel anche qui prende in contropiede tutti: «Non è che non mi piace, è che non conosco i calciatori». Promette (non proprio convintissimo) a Barelli di diventare della Lazio. Poi spunta fuori un pallone da basket e si mette a palleggiare prima di tornare senza tuffarsi nella sua piscina, i 25 metri al coperto dove si allenava anche con Detti e Paltrinieri. Oltre la vetrata c’è il mare a poche decine di metri. Compare un grande aquilone da kite-surf. Un’immagine che dà l’idea di un viaggio, di una speranza. Volere è un po’ volare: Manuel ne è convinto.
Valerio Piccioni – La Gazzetta dello Sport (Giovedì, 14 marzo 2019)

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