Lo sport è uno. Una «galassia di valori e passione» che lega i grandi campioni e «le piccole società di periferia». Ed è, prima di ogni altra cosa, «un diritto che deve essere garantito indipendentemente dal reddito». E «le barriere, se ci sono, vanno abbattute». Sergio Mattarella parla allo sport italiano, stavolta non solo o non particolarmente ai suoi campioni ma alle sue organizzazioni. Non ci sono medaglie da celebrare o onorificenze da consegnare sotto il sole cocente della Roma di giugno. Piuttosto c’è da sottolineare un ruolo, un percorso, un posto: «Nello sport si specchia la nostra società. E lo sport talvolta contribuisce a farci sentire un popolo». Il capo dello Stato parla davanti allo stadio dei Marmi intitolato a Pietro Mennea, «che ha saputo raggiungere grandi traguardi partendo da un punto lontano». Manuela, la moglie di Pietro, è in platea ad ascoltarlo.
SENZA BARRIERE E questo luogo, lo stadio dei Marmi, diventa una metafora dell’idea di sport del Presidente. Perché 24 ore prima, qui si è esibita Margherita, nata senza un braccio eppure innamorata del taekwondo fino al punto di gareggiare con i cosiddetti normodotati. La bambina ha ricevuto tanti complimenti, ieri ne ha parlato nella cerimonia il ministro Luca Lotti. Anche quelli di Bebe Vio, citata da Mattarella, che stasera occuperà lo stadio dei Marmi, ancora lui, per il suo festival di «Sport senza barriere».
NON SOLO MEDAGLIE «Cura dell’eccellenza e diffusione della pratica sportiva». Mattarella nel suo saluto allo sport italiano – riunito per la prima storica visita al Coni di un presidente della Repubblica – ha insistito: teniamo tutto insieme, non lasciamo che l’una si scordi dell’altra. Ma il suo non è stato un esercizio nostalgico di retorica decoubertiniana. Il capo dello Stato ha parlato anche degli interessi economici che circondano lo sport, li ha considerati legittimi, citando però «un limite che non può essere valicato» e facendo riferimento anche al mondo del calcio, parlando di «gestione trasparente dei rapporti con le tifoserie». Poi, quel «tocca a voi», con cui Mattarella stavolta ha voluto esaltare «non soltanto i valori dello sport, ma la sua importanza crescente nella società». Insomma, in bocca al lupo per le medaglie che (si spera) vi aspettano, ma anche per la «responsabilità» che porta un campione e un dirigente per l’importanza «culturale, sociale, educativa» dello sport nella comunità di un Paese.
IL NOSTRO PRESTIGIO Il capo dello Stato aveva compiuto, prima volta per un presidente della Repubblica, un giro del Palazzo H del Coni. Naturalmente in compagnia di Giovanni Malagò, il padrone di casa, che invita «il Paese a ispirarsi alle vittorie del suo sport, riuscendo a fare squadra perché così i nostri sogni, anche i più arditi, potranno diventare realtà». Uno sport italiano che ha conquistato sul campo «un prestigio indiscutibile, che noi difendiamo ogni giorno col nostro lavoro non consentendo a nessuno di offuscare (ogni tanto con scelte miopi e ingiustificabili) la stima e considerazione che abbiamo conquistato in Italia e fuori». Forse è ancora la «ferita» di Roma 2024 che brucia, ma chiamarla per nome in questo caso avrebbe svilito la celebrazione.
LA SCELTA DELLE PAROLE Anche un Luca Pancalli emozionato ha preso la parola a nome del Comitato paralimpico. Ricordando che proprio a Roma, il 1960 olimpico fu anche paralimpico. E che pure nelle parole e nel vocabolario cammina una storia. «Sono stati chiamati paralitici o handicappati, prima che fosse riconosciuto il loro diritto di essere considerati degli atleti».
CONTRO IL TERRORE Da sempre vicino al mondo paralimpico è Luca Lotti. In un discorso di grande respiro, il ministro per lo Sport ha citato «l’importanza dello sport di base, dei volontari, del mondo paralimpico, che unisce e apre visioni verso il futuro». E in questo contesto, fondamentale – come ha sottolineato il ministro –, «la conferma per il secondo anno dei cento milioni del bando Sport e Periferie, un impegno che ci siamo presi e che vogliamo mantenere». Finanziamento già decretato e ora in attesa di approvazione delle Camere. Poi la chiusura su sport e terrorismo. «I fatti di terrore che continuano a scuotere l’Europa parlano chiaro: c’è chi ci vorrebbe chiusi in casa, in preda alla paura e al timore. Voglio affermarlo con forza e con chiarezza: lo sport è una delle risposte più efficaci che il nostro mondo ha da offrire a questi signori del terrore. È un vero antidoto contro la paura».
di Alessandro Catapano – Valerio Piccioni
(La Gazzetta dello Sport di martedì 13 giugno 2017)
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