I cinquant’anni trascorsi dal primo, indimenticabile Benvenuti-Griffith non c’è dubbio che si vedano tutti. Ma se vogliamo parlare di sopravvissuti, allora possiamo considerare tale la boxe, non certo il vincitore del Mondiale del Madison Square Garden. Nino, il più grande pugile della nostra storia, è vivissimo ancora oggi: nel ricordo delle sue imprese ineguagliate in Italia, nell’accuratezza delle telecronache che ci regala ancora oggi dai bordoring della Rai alla soglia dei 79 anni (li compirà il prossimo 26 aprile) e nella lucidità dell’intervista che leggerete all’interno.
La verità è che Benvenuti è invecchiato bene, come capita raramente ai pugili che spesso devono fare i conti con i colpi presi sul quadrato. Non è un caso che stiamo parlando del nostro più vecchio campione mondiale vivente: se ne sono andati quelli degli anni Venti (Loi e D’Agata) ma anche Burruni, Lopopolo e Bossi nati negli anni 30 e perfino Arcari che era del ‘42. A contendere a Benvenuti la qualifica di iridato italiano più vecchio resta solo, guarda un po’, l’eterno rivale Sandro Mazzinghi che è nato sei mesi dopo di lui.
Il prossimo 26 aprile, con qualche giorno di ritardo sull’anniversario, ci sarà una festa a Roma in cui ben pochi sono quelli che potranno vantarsi di aver seguito in diretta quel Mondiale indimenticabile di 50 anni fa. Fra questi Rino Tommasi ma non i compianti inviati della Gazzetta Roberto Fazi e Maurizio Mosca, non Mario Gherarducci del Corriere della Sera che fu uno dei pochissimi insieme a Tommasi a prevedere la vittoria di Benvenuti in un sondaggio che coinvolse 20 giornalisti. Ci credevano invece i trecento tifosi arrivati dall’Italia, i 7000 paisà che riempirono per metà il vecchio Madison capace di 15.000 spettatori e ci credettero soprattutto 18 milioni di persone (su una popolazione di 53 milioni) che misero la sveglia sull’inizio della radiocronaca di Paolo Valenti. Non sapremo mai con certezza perché la Rai rinunciò alla diretta televisiva, se all’epoca della presidenza di Giuseppe Saragat fu veramente il capo del governo Aldo Moro, in accordo col ministro dell’industria Giulio Andreotti e quello del lavoro Giacinto Bosco, a prendere la decisione che impedisse la defezione in massa nelle fabbriche per il martedì del dopo-match. Ovviamente quell’emozione che scosse l’Italia alle 4 di notte lasciò comunque il segno e siamo stati orgogliosi di scoprire che la Gazzetta dedicò all’evento una ribattuta in prima pagina uscita nel primo pomeriggio del 18 aprile. Erano altri tempi anche per i giornali.
di Fausto Narducci (La Gazzetta dello Sport di domenica 16 aprile 2017)
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