(ma.po.) Il mattino ha l’oro in bocca? La risposta è sì, se guardiamo il medagliere e la sveglia del fenomeno Katie Ledecky puntata sulle 3.45 due volte alla settimana, oppure quella dell’altra bimba da record della rana Ruta Meilutyte, che suona alle 5. Secondo Dirk Lange, il tecnico tedesco del campione olimpico dei 100 rana Cameron Van den Burgh, è più una questione di testa che di fisico: «Quando è con me si allena dalle 7 alle 9, in Sud Africa dalle 8 alle 10 perché la piscina non apre prima. E’ importante lavorare presto al mattino perché ci si abitua ai ritmi delle gare importanti. Ma serve soprattutto a formare il carattere».
Mentalità
In casa Italia l’ultima è stata Federica Pellegrini dell’era Lucas. Quando si è allenata a Parigi prima dei Mondiali di Shanghai, la sveglia suonava alle 5 per l’allenamento mattutino dalle 6 alle 8.30 che è un classico del metodo del tecnico francese. «Fortifica — è convinto Luca Sacchi — serve per l’attitudine mentale. Ma a me non piaceva per niente e in Italia non si è mai usato molto». Osserva Stefano Morini, tecnico di Gregorio Paltrinieri e Gabriele Detti: «Da noi non si usa perché c’è la scuola. E in più i nostri ragazzi sono più contenti quando li fai nuotare in orari più umani. Non è utile tanto in sé, serve a costruire e rafforzare la mentalità. Per rispettare gli orari, le regole, per non uscire la sera. Esempio: i nuotatori anglosassoni escono solo al sabato sera perché la domenica non si nuota».
Vantaggi
«Il mio allenamento del mattino comincia alle 9, solo a 19 anni dopo il diploma ho cominciato con il doppio» dice Marco Orsi, protagonista nella staffetta 4×100 e ora impegnato nei 50 sl e probabilmente nella mista. «Io in piscina comincio alle 10 — dice Luca Dotto — prima faccio palestra. Chi si alza a quelle ore sarà anche campione, ma non ha una vita». Spiega Fabrizio Bastelli, allenatore di Ilaria Bianchi: «E’ tradizione dell’area anglosassone allenarsi così presto, da loro chi fa sport è in un sistema che funziona, vai a scuola e ti alleni». Il tecnico ungherese di Scozzoli, Tamas Gyertyanffy, è convinto: «Non ci sono vantaggi fisiologici nell’allenarsi così presto, è solo una questione di organizzazione». Chiosa Andrea Di Nino, allenatore del gruppo internazionale con Govorov e Khorotishkin: «Un conto è abituare il bioritmo agli orari di gara, ma allenarsi troppo presto è più a rischio infortuni, perché il corpo non è pronto a certi sforzi. Meilutyte e Ledecky vincono perché sono talenti». Dalla testa in giù.