«Ha trasformato in energia l’insuccesso dell’Olimpiade»

C’è Bruna Rossi tra le persone che Federica Pellegrini ha ringraziato pubblicamente per la conquista dell’oro mondiale, ed è presente a Budapest: è anche la psicologa del Settebello. Romana, classe 1948, donna mite che ama stare sempre dietro le quinte, docente della Scuola dello sport del Coni, fu azzurra di tuffi alle Olimpiadi del ’68 e del ’72. Un diploma Isef prima della laurea, ha insegnato in Canada e poi in Francia a Grenoble, dove vive.
Ha detto in passato che non considera centrale la figura dello psicologo. Anche in questo caso?
«La figura centrale è sempre l’allenatore. Mi piace soprattutto sottolineare l’importanza di uno staff amalgamato e compatto, proprio quello che ha Federica. Elementi che si trasferiscono inevitabilmente agli atleti. Abbiamo sempre lavorato in armonia e di concerto. Un ambiente sereno è decisivo. Per il resto, non posso entrare nei dettagli dei metodi di lavoro e del percorso che abbiamo fatto, attivato comunque senza forzature: consentitemi un po’ di sana riservatezza. Quanto all’eventuale abbandono dei 200 per passare alla velocità, si tratta di un discorso tecnico che non riguarda me».
Il titolo sui 200 ha stupito anche lei?
«La Pellegrini è un’atleta straordinaria capace di tutto. Anzi, straordinaria è dire poco. È una persona che vale la pena conoscere e sono felice che abbia compiuto un’altra grande impresa. È un trionfo che ha radici antiche, è cominciato… un anno fa. A Rio. Questo è il classico esempio di insuccesso che produce prima sofferenza e poi si trasforma in energia positiva. Posso garantire che dopo il mancato podio olimpico ha deciso di ripartire di slancio. La voglia di rivalsa è scattata subito».
Sport individuale, sport di squadra: come cambia il suo modo di relazionarsi con gli atleti?
«Evidentemente in una squadra ci sono più piani su cui intervenire: penso alla coesione, alle dinamiche di gruppo, all’attenzione visiva e via discorrendo. Ma si deve partire da una base di analisi individuale, più acuta e mirata. La distinzione, quando parliamo di preparazione mentale, non può essere netta».
Com’è la Pellegrini fuori dalla piscina?
«Faccio una premessa: l’emotività, anche nello sport, non deve essere considerato un limite, ma anzi una ricchezza. Detto questo, a furia di stare sempre sotto i riflettori per un motivo o per l’altro, Federica a volte potrebbe sembrare algida, distaccata: niente di più sbagliato. Il suo fascino è indiscutibile ed è giustamente apprezzato, ma talvolta si rischia di sottovalutare altri lati della sua personalità. Diciamolo a chiare lettere: Pellegrini è più sostanza che apparenza. Di gran lunga».
L’intervista è di Franco Carrella ed è pubblicata su La Gazzetta dello Sport di venerdì 28 luglio 2017

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