CONTRIBUTI CONI: LUCI ED OMBRE

Fa una certa impressione constatare che dei circa 415 milioni che il Coni incassa ormai ogni anno dallo Stato senza contare quella dozzina di ulteriori milioni che arrivano a diverso titolo da svariati ministeri (tutte non trascurabili conquiste di Malagò) i contributi 2018 riservati alle federazioni sportive nazionali «parte sportiva», come da Giunta della scorsa settimana e relativa tabella, ammontano in tutto a poco meno di 146 milioni. Sembrano pochi. Ma poi scopri, come è spiegato nell’approvazione del bilancio 2016 del maggio scorso, che alle federazioni ne arrivano in realtà quasi 290 tra contributi diretti e prestazioni in natura erogate da Coni Servizi. Sono i costi di una macchina che, nonostante i tagli, pesano in una misura ancora esagerata. Bisognerebbe trovare la maniera, come si dice in questi casi, di «ottimizzare» le risorse, e allora il pensiero corre subito a quegli accorpamenti e/o fusioni (soprattutto tra federazioni) che secondo uno studio potrebbero portare fino a venti milioni l’anno di risparmi, da meglio finalizzare. Malagò, a quanto è dato sapere, ne parla spesso in Giunta e procede a fari spenti in una direzione che dovrebbe portare presto, se bisogna dare credito alle promesse, a qualche risultato importante. Fiducia sulla parola.

Fa una certa impressione anche osservare come sono stati ripartiti quei 146 milioni, con cinque fasce di incrementi (250, 200, 150, 100 e 50 mila euro) riservati a ben 23 federazioni su 44, la grande maggioranza delle quali rivela una caratteristica: o hanno deficit patrimoniali o hanno chiuso gli ultimi bilanci in negativo. Tutto per un totale di circa 2 milioni e 600mila euro che, toh!, sono i soldi che secondo tradizione della reggenza Malagò vengono tolti al calcio, questa volta con un alibi di ferro, l’esclusione dal mondiale. La perplessità, più che nella consueta bastonatura al calcio (che per chi lo ha scordato produce comunque cospicue entrate per lo Stato con le scommesse sportive, sostituitesi alla schedina), risiede nel metodo adottato: si è andati a premiare con una sorta di piccola mancia (o rilevante, basti pensare a mo’ di esempio ai 150mila euro di aumento erogati all’hockey e pattinaggio del membro di Giunta Aracu) le federazioni in difficoltà economica, privilegiando loro a chi ha portato risultati (il nuoto, esempio non casuale, è rimasto dov’era). Malagò si domanda spesso se è giusta la politica dei contributi a pioggia, o se piuttosto non sarebbe meglio, come ha fatto la Gran Bretagna, puntare sulle discipline vincenti. Forse è arrivata l’ora di darsi una risposta. E di andare a guardare meglio dentro ai bilanci e alle spese di diverse federazioni.

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